sabato 25 febbraio 2012

Crescita, picco e declino delle merci

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

1.  La crescita o il declino degli affari e dell'economia di una impresa o di un paese, o dell'intera comunità mondiale, dipende dalla crescita o dal declino della produzione e dei consumi di beni materiali. Ogni unità monetaria dell'economia è, infatti, direttamente o indirettamente legata alla produzione e all'uso di merci e servizi; a loro volta i servizi --- informazione o salute, istruzione o abitazione, benessere e felicità --- sono legati alla disponibilità di beni materiali. Non è possibile conservare una buona salute se non si hanno acqua e energia sufficienti, ospedali con le loro attrezzature, se non si ha cibo sufficiente. Non è possibile avere una vita dignitosa se non si ha una abitazione che a sua volta è fatta di cemento o legno ed è raggiungibile con mezzi di trasporto e attraverso strade, e così via.
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mercoledì 22 febbraio 2012

Uno sguardo ai futuri: i molti perché di una disciplina

Carolina Facioni[1]

“Presumo che vi aspettiate che io prenda sul serio l’elenco dei libri che vengono citati come miei, benché non siano stati ancora scritti. Forse sarei rimasto stupito dalla vostra capacità di prevedere il futuro se non vi foste dimostrati così indecisi riguardo l’anno della mia morte. Addirittura nove possibilità! Gradirei essere informato quando vi sarete decisi per una di queste. Una tempestiva cognizione di essa mi faciliterebbe notevolmente il resto della vita, per quanto lunga sia”
......
”Stimatissimo Signore,
non ci è, purtroppo, possibile informarla di quando Lei morirà. Il futuro non si può semplicemente prevedere. Al momento tutte le nove possibilità sono aperte. Il caso deciderà quale si avvererà. La Sua bibliografia contiene tutte le opere di questi futuri possibili. Su nessuno dei rami delle vite che Le stanno davanti, per dirlo in maniera pittoresca, Lei scriverà e le pubblicherà tutt’e diciotto. La Sua futura opera includerà al massimo undici e al minimo sei libri. Lei ha potuto vederli soltanto sul nostro sito. Con questo speriamo di aver giustificato il nostro slogan. Con sincero rispetto,
                                     la Biblioteca Virtuale”
(Zoran Živković, 2002, Sei biblioteche – storie impossibili, pagg. 39-40 tr. it. 2011)


Ho scelto di aprire l’articolo con un breve stralcio tratto da “La biblioteca virtuale” di  Živković perché mi è sembrato, leggendolo, di trovarmi di fronte ad un esempio di come l’intuizione artistica riesca a suggerire molte delle idee-chiave che caratterizzano una disciplina, molto più di quanto non riesca a volte un argomentato discorso teorico. L’idea suggerita è, in questo caso, quella dei futuri possibili. Il protagonista del racconto è uno scrittore, che in realtà ha scritto soltanto tre libri. Si trova a scoprire, in una misteriosa biblioteca virtuale (il cui slogan è “noi abbiamo tutto!”) l’elenco in cui figurano anche gli altri suoi potenziali diciotto titoli, nonché nove diverse sue possibili biografie: la più breve delle sue vite terminerà di lì a dieci anni, la più lunga durerà ancora per cinquanta. Rimarrà con molti dubbi e – forse – una certezza: quella che non riuscirà, comunque, a scrivere tutti i suoi possibili titoli.
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martedì 21 febbraio 2012

Le risorse domani

Eleonora Masini e.masini@mclink.it

Il tema del domani delle risorse è fondamentale per la sopravvivenza umana e lo è sempre più in un epoca di grandi mutamenti in ogni ambito della vita. Non solo i mutamenti riguardano ambiti particolari come la scienza e la tecnologia nei vari campi ma anche il modo di rapportarsi  tra gli esseri umani e  la  società nel suo complesso in relazione alla  scienza e la tecnologia. Si parla infatti da tempo della rapidità, della connessione e della globalità dei grandi mutamenti.


E’indubbio, in questo quadro, che le risorse naturali della Terra sono essenziali per la sopravvivenza e lo sviluppo della popolazione umana. Alcune di queste risorse, come i minerali, le specie e gli habitat, sono finite: una volta esaurite o distrutte, sono perse per sempre. Altre, come l'aria, l'acqua e il legno, sono rinnovabili,  ma sono  legate ai sistemi naturali della Terra perché le facciano ricrescere, le rinnovino e le purifichino.  Qui sorgono i problemi perché  basta menzionare l’acqua per renderci conto che anche essa ha dei limiti. Infatti benché l’acqua sia una risorsa rinnovabile le cui riserve sono continuamente reintegrate attraverso il  grande ciclo naturale dell’acqua, in molte zone della terra l’acqua è scarsa, in altre  è continuamente peggiorata dagli inquinamenti e la disponibilità di acqua dolce di buona qualità  si fa progressivamente sempre più scarsa.

E’ indubbio che  le risorse naturali  debbano essere viste in termini di lungo periodo sia per quanto riguarda il passato che ancor più  dati i grandi mutamenti il futuro.
Una parabola, proposta nel 1833 da un certo Lloyd, un quasi sconosciuto demografo inglese, e "ripescata" da Garrett Hardin (1915-2003), professore di ecologia umana nell'Università della California, in un celebre articolo apparso nel dicembre 1968 nella rivista "Science" racconta, in sintesi e con grande impatto quasi visivo, come un pastore felice di quanto latte producono le sue mucche che pascolano  in un prato, ricco di erba  e con un bel ruscello ed  in cui tutta la comunità a cui appartiene,  può portare le sue mucche a pascolare, decide di  aumentare le mucche per guadagnare di più.  Questo però non avviene perché il prato non può sostenere  tanto  bestiame e  quindi non solo non guadagna di più ma addirittura non quanto prima.

Il pascolo, commentando Garrett Hardin, corrisponde alla Terra, un pianeta grande, ricco di beni materiali e di acque, che fornisce tutte le risorse necessarie alla vita degli umani che hanno tutti uguale diritto, in quanto abitanti e "proprietari" del comune pianeta. Le risorse sono sufficienti e si rigenerano finché gli umani sono pochi e si accontentano di trarre dalla Terra quei beni che si rigenerano nei grandi cicli della natura. Questa parabola descrive, a mio avviso molto bene,  il degrado della terra e l’ importanza delle risorse.

 Un altro autore ha molto ben descritto  già nel 1984 il degrado della terra  e delle risorse di cui siamo tutti testimoni.  Si tratta di  Norman Myers che curò “L’Atlante di Gaia”, un pianeta da salvare descrivendo chiaramente  il percorso che la terra e le sue risorse  avrebbero potuto percorrere negli anni  2000.

Ancora recentemente, Lester Brown,   noto esperto dell’ambiente che da decenni studia  il  pericolo per le risorse scrive che “è interessante notare che i valori che guidano il sovra-consumo delle risorse naturali sono gli stessi valori che guidano il sovra-consumo di risorse finanziare”  Quindi  essi sono strettamente interconnessi.

Il problema maggiore che il mondo si trova a fronteggiare oggi è  dell’economia negli ultimi cinquant’anni – è cresciuta di circa quattro volte – con il conseguente aumento del consumo delle risorse naturali molto oltre il livello sostenibile. L’agricoltura sta diminuendo, la pesca sta crollando, le falde acquifere stanno diminuendo, i suoli si erodono, le savane si stanno desertificando. Stiamo lentamente distruggendo, e forse non così lentamente, i sistemi naturali di supporto alla vita si essa  umana che  animale e vegetale. Lo stesso Brown aggiunge che questo sovra consumo  non può che tradursi in una crisi di disponibilità di cibo, aumento di prezzi e aumento della instabilità politica.

Ancora un’indicazione che viene da Muhammad Yunus, il fondatore della Gramen Bank,  il quale, insieme al presidente del Worldwatch Institute che  dal  1974 pubblica lo State of the World,  e descrive  i  dati sulla situazione ambientale del mondo affrontando ogni anno tematiche diverse, nel volume del 2010 sottolinea le connessioni tra i problemi ambientali e  le culture. Nel volume questi due autori sottolineano come il diffondersi del consumismo da cultura a cultura è alla base della crescente richiesta di risorse e la conseguente produzione di rifiuti. Tale fenomeno continua ad essere ignorato da parte di leaders politici ed economici in quasi tutto il mondo anche se comincia in diversi paesi ad esserci una maggiore consapevolezza, basta ricordare che nella costituzione della Germania esiste, tra i diritti del cittadino, il diritto alla protezione ambientale. Si tratta certo di un problema  di lungo periodo e come tale, se  si comincia a riconoscerne anche l’aspetto culturale, sarà sempre più di lungo periodo. Come spesso documentato, i  mutamenti culturali sono più lenti di altri come quelli tecnologici ed economici ed anche di quelli  sociali,  è necessario quindi occuparsi del  fenomeno delle risorse in termini sempre più di lungo periodo. Questa considerazione aggiunta  a quelle di  ordine  ambientale impone sempre più la necessità di azioni tempestive  riguardanti le  risorse. Per concludere questa parte vorrei ricordare  tra i vari testi antichi che si occupano di ambiente che già nel brano della Genesi (Genesi:2:15) si ricorda che l’uomo per la sua sopravvivenza deve lavorare la terra , ma ne è anche il custode e quindi il responsabile. Recentemente(10 novembre) collegandosi  a questo brano, Benedetto XVI avverte  del rischio  di  prosciugare le risorse naturali della Terra con l’aumento costante del loro consumo, mentre la terra è affidata da Dio Creatore all’uomo  affinché la coltivi e la custodisca.

Non a caso molto più recentemente,il premio Nobel Alfred Schweitzer scrive  che “l’uomo ha perso la capacità di prevedere e prevenire, finirà con distruggere la terra”. E’ interessante inoltre, notare che già Thomas Huxley, padre dei vari scrittori e scienziati nel 1863 aveva trattato rapporto uomo -natura scrivendo del “ posto dell’uomo nella natura” ed al tempo stesso il nipote Aldous Huxley molti anni dopo in una trasmissione  radio della BBC auspicava  la necessità di vere  molti “futuristi”.

Previsioni sul futuro delle risorse nel periodo degli anni ‘60 e l’apporto del Club di Roma

Il legame tra questioni ambientali in generale e previsioni relative alla società, cioè individuazione delle possibili alternative future che emergono dalle tendenze della società e dalle scelte ed azioni prese dalla e nella stessa, è di lunga data. Essa nasce dalla  consapevolezza delle questioni ambientali ma al tempo stesso dal riconoscimento che i loro  mutamenti  riguardano la società e sono di lungo periodo mentre  i mutamenti sociali nel loro complesso hanno dimensioni diversificate nel tempo. Ad esempio i mutamenti tecnologici come quelli relativi  alle comunicazioni, sono molto più rapidi di quelli sociali, per esempio il loro impatto sulla famiglia ha tempi più lunghi.  I mutamenti tecnologici ed economici sono relativamente brevi mentre quelli culturali  sono ancora più di lungo periodo di quelli sociali come ad esempio il mutamento dei valori.

Da queste considerazioni è nata l’ecologia umana che recentemente si è sviluppata in molti paesi anche a livello Universitario. La questione delle risorse è indubbiamente parte del rapporto natura-uomo-società ed è stata ampiamente trattato in termini previsionali come cercherò di scrivere in relazione agli ultimi cinquat’anni.

Magda  Cordell McHale con il marito John McHale, sociologo e  uno de fondatori degli studi sul futuro, iniziarono nel 1962 “The World Resources  Inventory” alla Southern Illinois University. Questo inventario faceva parte di un programma iniziato da R.B. Fuller  dal titolo “Design Science Decade” che intendeva   promuovere da una parte la verifica continua delle risorse disponibili  all’uomo ed allo stesso tempo  le tendenze ed i  mutamenti dei bisogni umani in rapporto alle risorse. Questo studio doveva portare alla verifica dell’uso delle risorse affinché queste potessero continuare a servire tutta l’umanità.

Con questo esempio si vuole dimostrare come il problema delle risorse naturali ed il loro utilizzo in termini di lungo periodo, sia stato affrontato in modo molto rigoroso da molto tempo soffermandomi anche   a  presentare  il contributo, a partire dal 1968, del Club di Roma   quando fu fondato da Aurelio Peccei  ed Alexander King .

Prima di  descrivere  il pensiero di Peccei ed il lavoro del Club di Roma desidero  ricordare un testo italiano coordinato da Bruno de Finetti, il grande matematico  che   influì molto sul pensiero matematico in Italia e non solo, in quanto l’inventore dell’impostazione soggettiva del calcolo delle probabilità. Il testo di de Finetti, del 1975, ha un titolo significativo:” Crisi dell’energia e crisi di miopia” in cui sono i  contributi di vari studiosi nel settore  ambientale e delle risorse in particolare, tra  gli altri, Francesco Forte  che descrive un possibile  scenario energetico al 2000  centrato sulla crisi petrolifera e le scelte che sarebbero state possibili.

Un altro contributo è quello di Pietro Ferraro, fondatore del gruppo  “Futuribili” in Italia e dell’omonima rivista. Il gruppo  “Futuribles” ha origine in Francia dove ancora sviluppa studi previsionali a livello europeo e pubblica la  omonima rivista .

Il richiamo maggiore al problema dell’ambiente nel lungo periodo ed alla necessità di  studiarne i cambiamenti  a livello globale emerge con il testo prodotto dal Club di Roma nel 1972, “Limits to Growth” tradotto in Italiano erroneamente come “I limiti allo sviluppo” e non alla crescita come nel testo originale. Il testo chiamato primo rapporto al Club di Roma e sviluppato al MIT sulla base degli studi di J.Forrester il quale, in quel tempo  sviluppò una nuova scienza della dinamica dei sistemi ed in particolare andava disegnando un modello matematico globale basato sui ben noti parametri interdipendenti:popolazione, eccessivo utilizzo delle risorse naturali (depletion) non rinnovabili ,industrializzazione, produzione alimentare e degrado ambientale. Forrester  passò la responsabilità del progetto  a D. Meadows che con D, Meadow, J.Randers e  W.W.Behrens lo svilupparono. Il testo fu oggetto di molte discussioni positive e negative, queste ultime prevalentemente in Italia. Positive in molti paesi compresa l’allora Unione Sovietica e indubbiamente gli Stati Uniti, per le sue indicazioni di scelte economiche e politiche. Il rapporto fu tradotto in più di 35 lingue (Esempio personale: in Cina inizio anni ’80).

E’ un fatto che si diffuse nel mondo  il concetto che, a livello mondiale, vi  sia uno stretto legame tra  i limiti delle risorse naturali e la popolazione  crescente. Infatti, anche se la popolazione da tempo invecchia  in quasi tutta la parte più sviluppata del mondo, anche  il consumo delle risorse aumenta anche  nei paesi così detti in via di sviluppo. Inoltre bisogna ora  tenere conto  dell’aumento del consumo di paesi che al tempo dei “Limits to Growth” erano considerati in via di sviluppo, come la Cina , l’India e il Brasile che  sono ora anche  essi forti consumatori di risorse naturali.

I “Limits to Growth” non dicono, come nessuno studio sul futuro può dire, cosa sarà ma solo cosa  può accadere se….. se alcune scelte e decisioni vengono prese in campo, economico, tecnologico o sociale, allora….  Il rapporto nel suo complesso ed in generale, venne preso da molti come se quanto emergeva dal modello matematico, sarebbe accaduto senz’altro, e non come un richiamo all’attenzione al presente ed ai suoi possibili sviluppi e quindi  come la previsione di un solo futuro. Si possono certo fare critiche, come fecero matematici ed economisti al modello matematico o come fece in genere il potere economico dal punto di vista politico. A questo proposito è interessante notare che in un’anticipazione del progetto fu discusso dalla Commissione sull’Ecologia del Senato italiano nel 1971 (su iniziativa di Amintore Fanfani). A parte questa iniziativa ci fu un incontro dove si discussero i “Limits to Growth” in Italia dal titolo “Processo alla tecnologia?” a cui parteciparono lo stesso Peccei e Giorgio Nebbia, che si è occupato, sin dagli anni 60’ e a tutt’oggi si occupa, di risorse rinnovabili e non, nel quadro di  una problematica mondiale relativa all’ambiente naturale  e alle sue interconnessioni sociali  oltre  che sottolineando le  implicazioni etiche necessarie per ben comprendere  l’insieme dei problemi connessi ed a livelli diversi e quindi per meglio agire. 

Le critiche dal mondo scientifico furono varie come quelle, molto bene sviluppate, che fece  lo SPRU, all’Università del Sussex negli anni 70’,  oltre a molti altri studiosi nel mondo, ma è certo che il richiamo alle future conseguenze delle decisioni e alle decisioni non  prese nel presente, fu  sentito come importante  in molti e diversi paesi come l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti ed il Canada  oltre a vari paesi Latino Americani e al Giappone tanto da influire sulle loro decisioni.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti è interessante ricordare, che data anche la sopravvenuta crisi del petrolio nel 1973 e le varie guerre locali per le materie prime degli anni 80’,  il messaggio del  Club di Roma fu  preso in seria in considerazione.

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Persone: Wendell Bell

Eleonora Masini e.masini@mclink.it

Wendell Bell è nato a Chicago nel 1924 e si è trasferito da bambino a Fresno in California con la famiglia e per questa ragione si è sempre sentito californiano La sua famiglia era povera, come egli scrive nelle sue memorie appena pubblicate, ma erano poveri di buona famiglia, "poveri puliti".

Ha studiato nelle scuole pubbliche di Fresno salvo per i due anni e mezzo trascorsi , con una borsa di studio, alla Accademia Militare, privata, a Los Angeles; in quel periodo cominciò a leggere appassionatamente. Dal 1943 al 1946 ha prestato servizio come pilota nella Marina militare americana. A Fresno ha continuato a volare come pilota privato e ha completato gli studi ottenendo il B.A. in Scienze Sociali alla Università di Stato nel 1948. Nel 1947 aveva sposato Lora -Lee Edwards con cui è felicemente sposato ancora oggi, anzi direi, inseparabile.
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lunedì 20 febbraio 2012

Quattro volte di meno (1998)

Insegnare, n. 10, ottobre 1998
  
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Dai primi anni settanta del Novecento si è parlato tantissime volte dei "limiti" del pianeta Terra, dell'intrinseca contraddizione fra l'espansione dei consumi e la scarsità delle risorse naturali, sia di quelle economiche, come petrolio e minerali, sia di quelle "naturali", come la fertilità del suolo e la capacità ricettiva dei fiumi e dell'aria nei confronti delle scorie delle attività umane. Rilette oggi, le pagine scritte negli anni settanta sembrano lontane favole: recenti indagini mostrano che, anche nelle Università, intere generazioni di giovani studiosi non sanno o non ricordano niente del dibattito sui limiti delle risorse terrestri. Un argomento, del resto, di cui nessuno vuole sentire più parlare: lo si vede dai programmi politici, dai discorsi economici, dal senso di terrore perché in Occidente si vendono meno automobili, perché i russi non hanno soldi sufficienti per acquistare più merci: secondo il pensiero corrente solo l'espansione dei consumi ci salverà.
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Quanta e quale energia

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 26 luglio 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
  
Con il referendum del 12-13 giugno 2011 l'Italia si è liberata, speriamo per sempre, dell’incubo della costruzione di centrali nucleari e adesso deve affrontare il problema del suo futuro energetico. L’energia non serve a niente se non è impiegata in qualche scambio e servizio economico. L’elettricità di diecimila centrali eoliche non riesce a far muovere neanche di un metro una automobile se il suo motore funziona a benzina. Diecimila tonnellate di petrolio non riescono ad accendere neanche una lampadina se non sono trasformate in elettricità in una qualche centrale, e così via. Infine l’energia non ”si consuma” perché, dopo essere passata attraverso le “macchine” (che siano automobili o motori elettrici o fornelli), alla fine si ritrova tutta nell’ambiente come calore a bassa temperatura che non “serve” più niente e che scalda l’aria e le acque e altera il clima.
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Crescita di che cosa ?

Verde Ambiente, 27, (45), 30-31 (luglio-ottobre 2011)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Due vite parallele a migliaia di chilometri di distanza. Un ingegnere nordamericano, Jay Forrester (nato nel 1918), specializzato nella progettazione dei calcolatori elettronici, docente nel prestigioso Massachusetts Institute of Technology, stava utilizzando, già negli anni cinquanta, i calcolatori per risolvere dei problemi di previsione. Per esempio come cresce la produzione industriale in seguito alla crescita o alla diminuzione dei soldi disponibili; come la mobilità in una città è influenzata dalla crescita del numero degli abitanti, delle automobili o dei mezzi di trasporto pubblico. Forrester aveva chiamato “dinamica dei sistemi” lo studio dei rapporti fra fenomeni il cui cambiamento può essere previsto mediante equazioni matematiche differenziali. Per inciso, equazioni simili erano già state usate trent’anni prima, per descrivere come aumentano le popolazioni animali, dagli studiosi di ecologia, un esempio della unità dei fenomeni dell’economia e dell’ecologia. Forrester aveva pubblicato libri di grande successo come “Industrial dynamics” (1961) e “Urban dynamics” (1969).
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Il futuro delle risorse

In: “Scenari del XXI secolo. Grande Dizionario Enciclopedico”, Torino, UTET, 2005, p. 30-39. Anche in: ”La Stroria”, Biblioteca di La Repubblica, Roma, 2004, Vol. 15, Capitolo XIV, p. 398-417
  
Giorgio Nebbia  nebbia@quipo.it

All'inizio del ventunesimo secolo il più importante problema del pianeta è la ricerca di un equilibrio fra la popolazione in aumento e la disponibilità di risorse naturali sufficienti per assicurare alle singole persone una vita decente. Nel 2000 la popolazione mondiale ha superato la soglia di 6.000 milioni di persone. Consideriamo che tale popolazione sia distribuita in due grandi gruppi di paesi, il Nord del mondo, industrializzato, con elevati consumi e elevata richiesta di risorse naturali e materie prime, e il Sud del mondo; nello stesso Sud del mondo ci sono paesi, o classi di abitanti, con consumi che tendono ad avvicinarsi a quelli del Nord del mondo, e paesi, o classi di abitanti, che dispongono di beni materiali appena sufficienti per la sopravvivenza.

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Quali merci per il futuro ?

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

La nostra è davvero una società "dematerializzata" ?

La crisi di questo inizio del ventunesimo secolo non è soltanto crisi di bizzarrie borsistiche, di speculazioni sul denaro, di disordine politico interno e internazionale, ma è in gran parte crisi di merci, di materiali, di produzione. Anzi crisi della cultura della produzione, del lavoro.

A poco a poco è stata diffusa l'idea che la nostra sia una società fatta di immagini, virtuale, come si dice, per cui l'operazione del "consumo", dell'uso delle merci, il gesto di acquisto nel negozio e nel supermercato, non nascono dalla necessità di soddisfare dei bisogni --- di cibo, di bevande, di abiti, di scarpe, di mobilità --- ma sono "trascinati" dalla pubblicità, dallo spot televisivo, dal messaggio del "personaggio" di turno.
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domenica 12 febbraio 2012

E. Masini, Alcune caratteristiche

Alcune caratteristiche degli studi sul futuro

Eleonora Masini e.masini@mclink.it

Uso il termine "Studi sul futuro" in quanto lo ritengo il più vicino all'inglese "Futures Studies" che copre  una diversità di tipologie  del guardare al futuro, dalla  "previsione", che direi vicina a  "forecasting", vale a dire analizzare le tendenze che dal passato al presente guardano al futuro, che la "prospective" in francese e "la prospective" in spagnolo che considerano  sia le scelte e le azioni  per il futuro   che le tendenze del futuro e per il futuro.

Nel caso della "prospective" la presenza delle scelte indica una selezione marcata di valori in base ai quali si descrive i possibili, probabili e desiderabili futuri (come diceva Bertrand de Jouvenel). Si può certo dire che anche la pura e semplice "previsione" ha sempre una scelta ed un livello di scelte di valori ma meno marcata della "prospective" perchè le tendenze sono verificabili nei diversi contesti.

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Eleonora Masini, Terminology in future studies

Some thoughts on terminology, the past and the possible futures of Futures Studies
(Problemi di terminologia negli studi sul futuro) 

Introduction: why do we need to define terminology in Futures Studies?

Since the beginning of interest in future thinking among scholars as well as decision-makers, it has been evident that the need to define such thinking has been important. This is probably because it is important to give a definition to what one is doing. We could say that this is true also of ourselves in the present.

In recent times this need seems to have become even more important. To be called a 'generalist', for example, in the twentieth century would have been very serious, and as time has passed definitions have grown increasingly important. Every science has had to define itself clearly, as well as identify itself, and even specializations have required a name. I am mainly referring to the social sciences, and especially to sociology, where the process has increased since World War II. Every science has had to specialize more and more, as the sociologist Immanuel Wallerstein emphasises in regard sociology in his report to the Gulbenkian Foundation (1), where he discusses in what ways sociology can be intelligently restructured in light of its history and recent debates. Wallerstein maintains, among other things, that a focus on the future would be very helpful in this restructuring.
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W.Ciusa, Che cosa insegnano le previsioni sbagliate

Che cosa possono insegnarci oggi le previsioni sbagliate del passato 

Walter Ciusa
  
Walter Ciusa (1906-1989) è stato professore ordinario dal 1953 al 1976, poi professore emerito di Merceologia nell'Università di Bologna. L'articolo che segue è apparso in: E.M. Pizzoli, O. De Marco, V. Spada (a cura di), “Merci per il futuro: una sfida per la merceologia (Atti del IV Congresso Internazionale di Merceologia. Bari. 26-29 settembre 1983)”, Bari, Laterza, 1985, pp. 3-10; fu poi ristampato in: Quaderni di Storia ecologica (Milano), 2, (3), 71-89 (aprile-giugno 1993).
  
Il contenuto di questa relazione vuole collegarsi ad una delle finalità del presente Congresso, che è quella di prendere in esame le «Merci per il futuro», il che equivale a formulare delle previsioni, delle quali è fondamentale studiare la validità. Per questo, mi è sembrato interessante illustrare storicamente alcune previsioni del passato, per cercare di trame qualche insegnamento: a questo proposito Bacone sosteneva che la storia insegna agli uomini il modo di vivere, anche se tutti sappiamo che la storia è uno  straordinario racconto e non una “morale», per cui l'umanità continua a ripetere sempre gli stessi errori.

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sabato 11 febbraio 2012

G. Cannata, Prospettive dei consumi di energia

Una analisi delle previsioni dei consumi energetici è stata oggetto della tesi di laurea in Economia e Commercio, di Gianni Cannata, oggi rettore dell'Università del Molise.

La tesi era intitolata "Prospettive dei consumi mondiali di energia" e fu discussa nella Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Bari, anno accademico 1968-1969.

venerdì 10 febbraio 2012

Le previsioni sbagliate

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 3 maggio 2011

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

“Navigando” (come si suol dire) in Internet mi sono imbattuto in un sito chiamato LAWF, l’acronimo di un nome che, tradotto in italiano, corrispondeva a: “Laboratorio per l’analisi delle previsioni sbagliate”. Incuriosito, ho scoperto che un gruppo di persone, in una sconosciuta cittadina del Colorado, negli Stati Uniti, si sta dedicando a capire “perché” molte previsioni sono risultate sbagliate. Si tratta per lo più di previsioni tecnico-scientifiche, merceologiche e ambientali del tipo: nel 1975 quanto si prevedeva che sarebbero stati i consumi di energia nel 2010 ? Nel 1980 quanto si prevedeva che sarebbero state le automobili fabbricate nel 2010 ?. Avendo avuto la fortuna di essere vissuti nel 2010, possiamo verificare se le previsioni del passato erano giuste o sbagliate.
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giovedì 9 febbraio 2012

I possibili futuri dell'effetto serra

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Il fenomeno del riscaldamento globale si può schematizzare come dovuto all’aumento della concentrazione di vari gas, princiopalmente dell'anidride carbonica, nell’atmosfera; di conseguenza aumenta la frazione del calore solare che resta “intrappolata” dentro l’atmosfera, ciò che fa aumentare la temperatura media della superficie terrestre nel suo complesso. Ne derivano cambiamenti nella circolazione delle acque oceaniche e nell’intensità e localizzazione delle piogge sui continenti. Bastano relativamente piccole variazioni per far aumentare le piogge in alcune zone della Terra o per rendere aride altre zone. Pochi numeri aiutano a comprendere tali fenomeni; per tutto l’Ottocento e per la prima parte del Novecento l’atmosfera conteneva circa 2200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, corrispondenti ad una concentrazione di circa 280 ppm (parti in volume di anidride carbonica per milione di parti dei gas totali dell’atmosfera).

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lunedì 6 febbraio 2012

Persone. Robert Jungk (1913-1994)

L'uomo del futuro

 Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Sono passato dieci anni dalla scomparsa di Robert Jungk; a molti dei lettori di oggi questo nome forse dice poco, benché si sia trattato di uno scrittore le cui opere hanno avuto un successo e un effetto grandissimi. Jungk era nato nel 1913 in Austria e aveva iniziato una fortunata carriera di giornalista; dopo l'occupazione nazista dell'Austria era dovuto fuggire in Svizzera dove aveva continuato a scrivere contro il nazismo passando un periodo anche in un campo di internamento svizzero. In questi anni ha potuto analizzare a fondo il destino e il futuro dell'umanità in un mondo dilaniato da stermini, massacri, dalla bomba atomica, dalla contrapposizione fra popoli e paesi.

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domenica 5 febbraio 2012

Limiti alla crescita

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it


Nella primavera del 1972 apparve un libretto che generò vivaci polemiche e che rappresentò, in un certo senso, una svolta nella visione dei rapporti fra gli esseri umani e la natura. Il  libro conteneva in forma piana i  risultati di una ricerca condotta per conto del Club di Roma, un gruppo di persone presieduto da Aurelio Peccei, straordinaria figura di imprenditore, intellettuale e promotore di studi sul  futuro. Il libro fu pubblicato contemporaneamente in diecine di lingue e in italiano fu intitolato: "I limiti dello sviluppo".

Il titolo originale era, però, "I limiti alla crescita" e lo studio arrivava alle seguenti conclusioni: se la popolazione terrestre continua ad aumentare (allora la popolazione mondiale era di 3.500 milioni di persone, nel 2011 era di settemila), se continua l'aumento della produzione industriale e agricola ai ritmi di quel tempo (che sono poi i ritmi di aumento anche attuali), il pianeta Terra va incontro ad un impoverimento delle foreste, delle riserve di petrolio, carbone, minerali, ad una diminuzione della fertilità del suolo e ad un aumento dell'inquinamento dell'aria e delle acque, della violenza e congestione delle megalopoli, al punto da far intravvedere  l'esplosione di guerre per la conquista delle materie prime e dell'acqua, la diffusione di malattie ed epidemie, con una brusca, violenta diminuzione della popolazione e della produzione industriale:  di conseguenza  anche l'inquinamento diminuirebbe, la Terra diventerebbe più vivibile e la popolazione mondiale diminuirebbe intorno a valori compatbili con la "capacità ricettiva" del nostro pianeta. Per evitare  questa transizione traumatica il libro suggeriva la necessità di porre dei "limiti alla crescita" della popolazione mondiale e della produzione e del consumo delle merci.
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Persone: Aurelio Peccei (1908-1984)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Come persona che studiava i processi di produzione delle merci e di uso delle risorse naturali, per forza dovevo interessarmi dell’evoluzione, nel futuro, di tali produzioni e processi e farne oggetto del mio insegnamento di Merceologia nella Facoltà di Economia e Commercio (ora Economia) dell’Università di Bari. Credo di aver cominciato a scrivere qualche articolo già nel 1951-1953, sull’evoluzione, secondo le equazioni di Lotka e di Volterra, della produzione di alcune sostanze e della concorrenza (trattata con lo stesso principio della concorrenza fra animali che si contendono cibo e spazio limitato), per esempio, fra sapone e detergenti sintetici, due merci che si contendevano un mercato anch’esso limitato. Un interessante (e sfortunatamente dimenticato) saggio su questo tema fu pubblicato nel 1957, nel prestigioso “Giornale degli Economisti”, da Ercole Moroni dell’Università di Bologna, negli anni in cui ero assistente in tale Università.

Per questa curiosità per l’evoluzione delle “popolazioni di merci” nel futuro cominciai ad interessarmi di studi sul futuro che, negli anni sessanta del Novecento, stavano assumendo crescente importanza e riscuotendo crescente attenzione, sull’onda del movimento francese Futuribles di Bertrand de Jouvenel. Venni così a contatto con l’imprenditore triestino Pietro Ferraro (1908-1974), medaglia d’oro della Resistenza, che aveva creato a Roma un gruppo di ricerche sul futuro, IREA (Istituto Ricerche di Economia Applicata), e aveva cominciato a pubblicare la rivista “Futuribili” (apparsa in 64 fascicoli dal 1967 al 1974).
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Persone: Pietro Ferraro (1908-1974)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Gli anni cinquanta del secolo scorso sono stati quelli del boom economico; un intero mondo, tremila milioni di persone, era riuscito a sopravvivere alle tragedie della seconda guerra mondiale; fra i vincitori e i vinti, fra i popoli che si erano arricchiti con la guerra e quelli che erano diventati o erano rimasti poveri, molti a livello di colonie delle grandi potenze, c’era voglia di ricostruire, di liberarsi dalla miseria, di conquistare indipendenza e diritti fino allora negati. Sembrava ancora, allora, che la Terra avrebbe potuto fornire campi coltivabili, alimenti, acqua, energia, metalli in grandi, forse infinite, quantità.

La scoperta della disintegrazione dell’atomo sembrava offrire, al fianco di una devastante nuova arma, anche reattori capaci di dare elettricità in grande quantità e a basso prezzo. Lo aveva fatto intravvedere, nel suo discorso “Atomi per la pace”, il presidente degli Stati Uniti Eisenhower  all'assemblea generale delle Nazioni Unite l’8 dicembre 1953. Come si sarebbe comportata l’umanità davanti a tempi di terribili paure ma anche di grandi speranze ?
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Persone: Bertrand de Jouvenel (1903-1987)

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it


L’ho visto per la prima volta nel 1967 quando il governo americano volle che la conferenza di apertura del congresso internazionale sul tema ”Acqua per la pace” fosse affidata proprio a Bertrand de Jouvenel. Con i capelli bianchissimi, la barba e i baffi da moschettiere, questo grande filosofo, economista e uomo politico sembrava un simbolo della nobiltà francese, illuminista e lungimirante, alla quale del resto apparteneva per nascita, un figlio della cultura che ha generato il mondo moderno

Nato nel 1903, morto nel febbraio 1987, Bertrand de Jouvenel è stato senatore, ministro, ambasciatore e ci ha dato opere fondamentali come quella “Del potere”, del 1945, e “L’arte della congettura”, del 1964, tradotte anche in italiano. Bertrand de Jouvenel aveva lanciato, alla fine degli anni cinquanta del Novecento, un grande movimento il cui nome si ispirava alla necessità, in epoca di crisi, di interrogarsi e scegliere fra i “futuri possibili”. Dalla sintesi delle due parole nacque ”futuribili”, parola poi usata infinite volte, in qualche caso anche a sproposito o banalmente.

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Finalità del blog

"Le previsioni sono difficili, soprattutto se riferite al futuro".

Questa freddura è meno banale di quanto sembri. Chiunque è portato a fare, ha bisogno di fare, previsioni. Quanta conserva di pomodoro, quante automobili, devo produrre e potrò vendere ? Riuscirò a pagare quanto ho deciso di acquistare ? Fanno previsioni i ricchi e i poveri, gli imprenditori e i consumatori, le compagnie di assicurazioni campano facendo previsioni.

Eppure gran parte delle previsioni risultano sbagliate. Perché ? E' possibile cercare di capire le cause degli errori ? Sono di qualche aiuto le numerose riviste, pubblicazioni, associazioni che si occupano di "futuro" ?

Questo modesto blog si propone di dare qualche risposta a tali domande, con particolare attenzione alle previsioni della produzione e consumo delle merci.